Il maestro Mariani sarà presente sabato 6 ottobre alle ore 17.00 a Pieve di Cento (BO) all'inaugurazione della mostra con opere degli anni sessanta dalla collezione del Museo Magi '900
Radicale, giocosa, drammatica, spregiudicata, accattivante, politicizzata, scomoda, decorativa, elegante, minimalista, kitsch…
Nell’immaginario di tutti l’arte internazionale degli anni Sessanta parla di sperimentazione e reazione all’eredità del passato. Ma, se è vero che in quel decennio tra Stati Uniti e Europa si sono imposti nuovi modi di concepire il ruolo dell’immagine con l’arte e con la vita, è innegabile che la cesura rispetto all’eredità del dopoguerra non fu poi così totale.
Da questa constatazione prende spunto una mostra intensa ed eterogenea, che attinge dalla vasta raccolta permanente del MAGI’900 una selezione di oltre cento opere di altrettanti autori, per ricordare come, accanto alle ricerche e ai nomi che oggi sono ormai ben storicizzati (anche grazie alla loro crescente affermazione nel mercato dell’arte), ve ne furono molti altri, in una polifonia di linguaggi ben rappresentativa di quel clima di totale apertura e germinante creatività.
A cinquant’anni dal ’68, considerato l’anno della ribellione e della provocazione ma anche del boom economico e del potere della fantasia portato nella quotidianità, questo allestimento curato da Valeria Tassinari vuole dunque sottolineare l’attualità delle ricerche che ora contribuiscono a farci rileggere il fermento di quel periodo con curiosità e rinnovata attenzione. E, se da un lato si vuole ribadire l’accento sugli anni Sessanta come fucina della sperimentazione, dall’altro si vuole anche sottolineare come, in particolare nel contesto italiano, si sovrapposero istanze talvolta persino conservatrici, in un’esposizione a tema che esplora senza pregiudizi la varietà dei percorsi e delle personalità, in un momento febbrile in cui gli artisti e gli intellettuali rivendicavano un ruolo centrale nella società, tra esplorazioni e contraddizioni.
Testimonianza preziosa di questa varietà ci viene ad esempio dalla straordinaria Collezione minima 8×10 raccolta da Cesare Zavattini, della quale è esposta una preziosa selezione, o dal confronto tra sculture di analogo soggetto ma radicalmente differenti, come il poetico l’Alberello di Melotti e l’ironica Palma in metacrilato fluorescente di Marotta. E non mancano la figurazione esplicita di Guttuso, i “buchi” di Fontana, la “sfera” di Pomodoro, il Realismo Esistenziale di Ferroni e l’Arte programmata di Alviani, l’approccio concettuale di Stefanoni e l’ultimo informale di Afro, i giochi linguistici della Poesia concreta e la seduzione Pop di Umberto Mariani, i materiali della tradizione e i materiali industriali (l’opera presente in mostra è L’osservatore mondano del 1968).
Radicale, giocosa, drammatica, spregiudicata, accattivante, politicizzata, scomoda, decorativa, elegante, minimalista, kitsch…
Nell’immaginario di tutti l’arte internazionale degli anni Sessanta parla di sperimentazione e reazione all’eredità del passato. Ma, se è vero che in quel decennio tra Stati Uniti e Europa si sono imposti nuovi modi di concepire il ruolo dell’immagine con l’arte e con la vita, è innegabile che la cesura rispetto all’eredità del dopoguerra non fu poi così totale.
Da questa constatazione prende spunto una mostra intensa ed eterogenea, che attinge dalla vasta raccolta permanente del MAGI’900 una selezione di oltre cento opere di altrettanti autori, per ricordare come, accanto alle ricerche e ai nomi che oggi sono ormai ben storicizzati (anche grazie alla loro crescente affermazione nel mercato dell’arte), ve ne furono molti altri, in una polifonia di linguaggi ben rappresentativa di quel clima di totale apertura e germinante creatività.
A cinquant’anni dal ’68, considerato l’anno della ribellione e della provocazione ma anche del boom economico e del potere della fantasia portato nella quotidianità, questo allestimento curato da Valeria Tassinari vuole dunque sottolineare l’attualità delle ricerche che ora contribuiscono a farci rileggere il fermento di quel periodo con curiosità e rinnovata attenzione. E, se da un lato si vuole ribadire l’accento sugli anni Sessanta come fucina della sperimentazione, dall’altro si vuole anche sottolineare come, in particolare nel contesto italiano, si sovrapposero istanze talvolta persino conservatrici, in un’esposizione a tema che esplora senza pregiudizi la varietà dei percorsi e delle personalità, in un momento febbrile in cui gli artisti e gli intellettuali rivendicavano un ruolo centrale nella società, tra esplorazioni e contraddizioni.
Testimonianza preziosa di questa varietà ci viene ad esempio dalla straordinaria Collezione minima 8×10 raccolta da Cesare Zavattini, della quale è esposta una preziosa selezione, o dal confronto tra sculture di analogo soggetto ma radicalmente differenti, come il poetico l’Alberello di Melotti e l’ironica Palma in metacrilato fluorescente di Marotta. E non mancano la figurazione esplicita di Guttuso, i “buchi” di Fontana, la “sfera” di Pomodoro, il Realismo Esistenziale di Ferroni e l’Arte programmata di Alviani, l’approccio concettuale di Stefanoni e l’ultimo informale di Afro, i giochi linguistici della Poesia concreta e la seduzione Pop di Umberto Mariani, i materiali della tradizione e i materiali industriali (l’opera presente in mostra è L’osservatore mondano del 1968).
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