Ho la fortuna di essere in contatto con Roberto Vicinanza, Specialista in Geriatria ed Assistant Professor di Gerontologia presso USC Leonard Davis School of Gerontology dell'University of Southern California, e penso in questo momento sia importante poter chiarire l'effettiva situazione odierna senza sfociare nella psicosi soprattutto nelle persone "di una certa età".
Ho colto la palla al balzo e questa l'intervista.
Professore, mi sento ancora un ragazzino, pur essendo prossimo ai 60, e mi sento in forze e pronto ad affrontare questo "speciale" virus. Sono troppo ottimista?
L’ottimismo è una qualità che dovrebbe sempre accompagnare le nostre azioni, specialmente in un momento delicato come quello che stiamo vivendo. Tuttavia, dobbiamo anche essere consapevoli di quello che sta accadendo, in modo maturo e senza farci prendere dal panico. Vede, non conosciamo ancora nel dettaglio il comportamento di questo virus. La malattia infettiva che fa seguito all’infezione può manifestarsi sia in maniera molto lieve, sia con una sintomatologia decisamente più aggressiva. Nella peggiore delle ipotesi, una polmonite con sindrome respiratoria acuta grave.
Le caratteristiche del singolo individuo rappresentano una variabile non trascurabile; soggetti affetti da una o più patologie (ad esempio malattie respiratorie, diabete, malattie dell’apparato cardiovascolare), pazienti in trattamento con immunosoppressori o chemioterapici, pazienti in età avanzata o con importanti deficit nutrizionali rappresentano le categorie più a rischio. Da geriatra mi sembra opportuno sottolineare la particolare fragilità del paziente anziano che in molti casi è ad alto rischio di complicanze.
Questo significa che i soggetti giovani e sani sono esenti dal rischio di contrarre il virus?
Assolutamente no. Dal punto di vista della diffusione del virus, i soggetti che manifestano una sintomatologia lieve possono diffondere più facilmente l’infezione poiché rappresentano una fonte inconsapevole di contagio. Molte infezioni sono trasmesse da soggetti che non sanno di essere infetti.
Quindi prof. Lei ritiene idonee le precauzioni prese dal governo italiano?
L’isolamento dei casi, limitare i contatti con persone potenzialmente affette, evitare spostamenti non necessari e la frequentazione di luoghi particolarmente affollati sono misure assolutamente necessarie per controllare la diffusione del virus. Se non è necessario uscire, bisogna stare a casa. Tuttavia, dobbiamo ricordarci di arieggiare le stanze per evitare di creare un ambiente domestico favorevole al contagio. Una passeggiata solitaria in un parco è assolutamente innocua, anzi può aiutare a ridurre questa tensione del momento. Ovviamente queste direttive vanno di pari passo con le comuni norme di carattere igienico-sanitarie, quali lavarsi le mani spesso, starnutire sul gomito etc… Nonostante il numero assoluto dei soggetti positivi sia in aumento, siamo ancora in tempo per contenere e diluire nel tempo l’infezione. Adesso, bisogna evitare di intasare le strutture ospedaliere e tutelare le persone più deboli.
Che differenza c’è tra il virus dell’influenza e il COVID-19?
Sono virus diversi, sebbene entrambi colpiscano le vie respiratorie e possano presentarsi con una sintomatologia simile (ad esempio malessere generale, febbre, tosse e dolori muscolari). Tuttavia, per l’influenza stagionale è spesso disponibile un vaccino e vi sono maggiori livelli di conoscenza sui tassi di infezione e mortalità. Inoltre, il periodo d'incubazione del virus dell’influenza, ossia il periodo di tempo che intercorre tra l'esposizione al virus stesso, e il manifestarsi dei sintomi, va da uno a tre, quattro giorni.
Il COVID-19 è un tipo di coronavirus particolarmente contagioso che ha un periodo di incubazione molto più lungo che varia dai cinque a quindici giorni. In letteratura, si riportano casi con periodi di incubazione di 29 giorni. Il contagio potrebbe diventare esponenziale in questo lasso di tempo se non vi è una diagnosi precoce e/o l’isolamento del soggetto contagiato.
Da un punto di vista fisiopatologico, il virus può invadere le basse vie respiratorie provocando, in alcuni casi, danni importanti per la salute, come del resto accade anche per altre forme infettive. Inoltre, il nostro sistema immunitario può impiegare più del dovuto a riconoscere questo “nuovo” agente patogeno e ad attivare una risposta immunitaria proporzionata ed efficace. Questo perché non vi è una memoria immunologica. Inoltre, al momento non esistono farmaci per contrastare la replicazione del virus. Ovviamente quello che le dico oggi, potrebbe cambiare già tra qualche giorno.
Potrebbe chiarirci meglio a cosa è dovuta questa differenza di comportamento?
Secondo quanto emerge dalla letteratura scientifica, il virus potrebbe attecchire a una molecola chiamata ACE-2 per ottenere l'ingresso nelle cellule alveolari, dove ha luogo l’ossigenazione del sangue e l’eliminazione dell’anidride carbonica. Questa ipotesi potrebbe chiarire almeno in parte il grave quadro clinico respiratorio.
Lei che vive da diversi anni a Los Angeles, che come noto ha circa il 14% di asiatici e rapporti con la Cina molto più intensi rispetto all’Italia, come giustifica questo aumento del numero dei casi nel nostro paese rispetto ad esempio alla California?
Ad oggi, circa 150 persone sono risultate positive al test per il COVID-19. Questo e' quanto emerge dal rapporto del “California Department of Public Health”. Anche qui siamo in stato di emergenza e molto probabilmente il numero dei casi aumenterà. Mi consenta però una riflessione. I casi di infezione vengono riportati solo se si fa diagnosi. Il sistema sanitario nazionale italiano è universalistico, quindi chiunque può sottoporsi ad indagini diagnostiche a carico dello Stato in caso di manifestazioni cliniche potenzialmente legate all'infezione da coronavirus. Negli Stati Uniti la situazione è più complessa, poiché soggetti non coperti da assicurazione sanitaria potrebbero sentirsi demotivati a effettuare le indagini diagnostiche del caso.
Può consigliare azioni che possono limitare le possibilità di ammalarsi venendo a contatto con persone malate? Ad esempio, le mascherine possono risultare davvero efficaci? Lavarsi le mani spesso? Seguire una particolare alimentazione?
Come detto precedentemente, a seguito dell’infezione (ossia il contatto dell’agente patogeno con l’uomo) fa seguito la vera e propria malattia infettiva. La gravità di questa è determinata dallo stato di salute del soggetto. Una persona senza fattori di rischio per malattie croniche, che ha sempre seguito un’alimentazione bilanciata e che ha una struttura psicofisica solida, tenderà in linea generale ad avere una sintomatologia lieve. In questo momento, bisogna anche evitare di farsi prendere dal panico. Lo stress aumenta i livelli di cortisolo, un ormone che può contribuire a ridurre le difese immunitarie. Inoltre, è importante rimanere sempre ben idratati, se possibile non fumare, evitare l’assunzione di zuccheri inutili e calorie non necessarie, mangiare frutta e verdura, e usare qualche supplemento nutrizionale. Ma attenzione, in questa circostanza dobbiamo pensare sia a noi stessi che agli altri. È proprio la persona con un sistema immunitario efficace che deve essere anche più accorta e responsabile ed evitare di contagiare i soggetti più deboli. È un dettaglio da non trascurare.
Le mascherine sono sicuramente più efficaci se a indossarsele è il soggetto infetto, anche se con sintomi lievi. Mantenere la distanza di sicurezza nei rapporti sociali rimane il modo migliore per ridurre i contagi.
Cerchiamo di essere uniti, seguiamo le regole di buonsenso ed evitiamo di farci prendere dal panico. Bisogna affrontare questo momento seguendo la scienza e la nostra coscienza.
Intervistato: Dott. Roberto Vicinanza, Medico Chirurgo, Specialista in Geriatria ed Assistant Professor di Gerontologia presso la Leonard Davis School of Gerontology della University of Southern California (USC)
Intervistatore: Fabrizio Pivari, Fabrizio (at) Pivari.com
Ho colto la palla al balzo e questa l'intervista.
Professore, mi sento ancora un ragazzino, pur essendo prossimo ai 60, e mi sento in forze e pronto ad affrontare questo "speciale" virus. Sono troppo ottimista?
L’ottimismo è una qualità che dovrebbe sempre accompagnare le nostre azioni, specialmente in un momento delicato come quello che stiamo vivendo. Tuttavia, dobbiamo anche essere consapevoli di quello che sta accadendo, in modo maturo e senza farci prendere dal panico. Vede, non conosciamo ancora nel dettaglio il comportamento di questo virus. La malattia infettiva che fa seguito all’infezione può manifestarsi sia in maniera molto lieve, sia con una sintomatologia decisamente più aggressiva. Nella peggiore delle ipotesi, una polmonite con sindrome respiratoria acuta grave.
Le caratteristiche del singolo individuo rappresentano una variabile non trascurabile; soggetti affetti da una o più patologie (ad esempio malattie respiratorie, diabete, malattie dell’apparato cardiovascolare), pazienti in trattamento con immunosoppressori o chemioterapici, pazienti in età avanzata o con importanti deficit nutrizionali rappresentano le categorie più a rischio. Da geriatra mi sembra opportuno sottolineare la particolare fragilità del paziente anziano che in molti casi è ad alto rischio di complicanze.
Questo significa che i soggetti giovani e sani sono esenti dal rischio di contrarre il virus?
Assolutamente no. Dal punto di vista della diffusione del virus, i soggetti che manifestano una sintomatologia lieve possono diffondere più facilmente l’infezione poiché rappresentano una fonte inconsapevole di contagio. Molte infezioni sono trasmesse da soggetti che non sanno di essere infetti.
Quindi prof. Lei ritiene idonee le precauzioni prese dal governo italiano?
L’isolamento dei casi, limitare i contatti con persone potenzialmente affette, evitare spostamenti non necessari e la frequentazione di luoghi particolarmente affollati sono misure assolutamente necessarie per controllare la diffusione del virus. Se non è necessario uscire, bisogna stare a casa. Tuttavia, dobbiamo ricordarci di arieggiare le stanze per evitare di creare un ambiente domestico favorevole al contagio. Una passeggiata solitaria in un parco è assolutamente innocua, anzi può aiutare a ridurre questa tensione del momento. Ovviamente queste direttive vanno di pari passo con le comuni norme di carattere igienico-sanitarie, quali lavarsi le mani spesso, starnutire sul gomito etc… Nonostante il numero assoluto dei soggetti positivi sia in aumento, siamo ancora in tempo per contenere e diluire nel tempo l’infezione. Adesso, bisogna evitare di intasare le strutture ospedaliere e tutelare le persone più deboli.
Che differenza c’è tra il virus dell’influenza e il COVID-19?
Sono virus diversi, sebbene entrambi colpiscano le vie respiratorie e possano presentarsi con una sintomatologia simile (ad esempio malessere generale, febbre, tosse e dolori muscolari). Tuttavia, per l’influenza stagionale è spesso disponibile un vaccino e vi sono maggiori livelli di conoscenza sui tassi di infezione e mortalità. Inoltre, il periodo d'incubazione del virus dell’influenza, ossia il periodo di tempo che intercorre tra l'esposizione al virus stesso, e il manifestarsi dei sintomi, va da uno a tre, quattro giorni.
Il COVID-19 è un tipo di coronavirus particolarmente contagioso che ha un periodo di incubazione molto più lungo che varia dai cinque a quindici giorni. In letteratura, si riportano casi con periodi di incubazione di 29 giorni. Il contagio potrebbe diventare esponenziale in questo lasso di tempo se non vi è una diagnosi precoce e/o l’isolamento del soggetto contagiato.
Da un punto di vista fisiopatologico, il virus può invadere le basse vie respiratorie provocando, in alcuni casi, danni importanti per la salute, come del resto accade anche per altre forme infettive. Inoltre, il nostro sistema immunitario può impiegare più del dovuto a riconoscere questo “nuovo” agente patogeno e ad attivare una risposta immunitaria proporzionata ed efficace. Questo perché non vi è una memoria immunologica. Inoltre, al momento non esistono farmaci per contrastare la replicazione del virus. Ovviamente quello che le dico oggi, potrebbe cambiare già tra qualche giorno.
Potrebbe chiarirci meglio a cosa è dovuta questa differenza di comportamento?
Secondo quanto emerge dalla letteratura scientifica, il virus potrebbe attecchire a una molecola chiamata ACE-2 per ottenere l'ingresso nelle cellule alveolari, dove ha luogo l’ossigenazione del sangue e l’eliminazione dell’anidride carbonica. Questa ipotesi potrebbe chiarire almeno in parte il grave quadro clinico respiratorio.
Lei che vive da diversi anni a Los Angeles, che come noto ha circa il 14% di asiatici e rapporti con la Cina molto più intensi rispetto all’Italia, come giustifica questo aumento del numero dei casi nel nostro paese rispetto ad esempio alla California?
Ad oggi, circa 150 persone sono risultate positive al test per il COVID-19. Questo e' quanto emerge dal rapporto del “California Department of Public Health”. Anche qui siamo in stato di emergenza e molto probabilmente il numero dei casi aumenterà. Mi consenta però una riflessione. I casi di infezione vengono riportati solo se si fa diagnosi. Il sistema sanitario nazionale italiano è universalistico, quindi chiunque può sottoporsi ad indagini diagnostiche a carico dello Stato in caso di manifestazioni cliniche potenzialmente legate all'infezione da coronavirus. Negli Stati Uniti la situazione è più complessa, poiché soggetti non coperti da assicurazione sanitaria potrebbero sentirsi demotivati a effettuare le indagini diagnostiche del caso.
Può consigliare azioni che possono limitare le possibilità di ammalarsi venendo a contatto con persone malate? Ad esempio, le mascherine possono risultare davvero efficaci? Lavarsi le mani spesso? Seguire una particolare alimentazione?
Come detto precedentemente, a seguito dell’infezione (ossia il contatto dell’agente patogeno con l’uomo) fa seguito la vera e propria malattia infettiva. La gravità di questa è determinata dallo stato di salute del soggetto. Una persona senza fattori di rischio per malattie croniche, che ha sempre seguito un’alimentazione bilanciata e che ha una struttura psicofisica solida, tenderà in linea generale ad avere una sintomatologia lieve. In questo momento, bisogna anche evitare di farsi prendere dal panico. Lo stress aumenta i livelli di cortisolo, un ormone che può contribuire a ridurre le difese immunitarie. Inoltre, è importante rimanere sempre ben idratati, se possibile non fumare, evitare l’assunzione di zuccheri inutili e calorie non necessarie, mangiare frutta e verdura, e usare qualche supplemento nutrizionale. Ma attenzione, in questa circostanza dobbiamo pensare sia a noi stessi che agli altri. È proprio la persona con un sistema immunitario efficace che deve essere anche più accorta e responsabile ed evitare di contagiare i soggetti più deboli. È un dettaglio da non trascurare.
Le mascherine sono sicuramente più efficaci se a indossarsele è il soggetto infetto, anche se con sintomi lievi. Mantenere la distanza di sicurezza nei rapporti sociali rimane il modo migliore per ridurre i contagi.
Cerchiamo di essere uniti, seguiamo le regole di buonsenso ed evitiamo di farci prendere dal panico. Bisogna affrontare questo momento seguendo la scienza e la nostra coscienza.
Intervistato: Dott. Roberto Vicinanza, Medico Chirurgo, Specialista in Geriatria ed Assistant Professor di Gerontologia presso la Leonard Davis School of Gerontology della University of Southern California (USC)
Intervistatore: Fabrizio Pivari, Fabrizio (at) Pivari.com
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